PROBLEMATICHE CONNESSE ALLA CONVIVENZA TRA CLAIMS MADE E PRESCRIZIONE BREVE NEL DIRITTO ITALIANO
a cura dell’avv. Arturo Gioffredi
1. Introduzione
2. Il significato di claims made
3. La liceità della clausola per i giudici italiani e all’estero
4. La liceità della clausola per i giudici tedeschi
5. La prescrizione breve e le conseguenze della sua applicazione. Rimedi attuabili.
1. Introduzione
Nell’ordinamento italiano convivono da una parte un contratto di polizza per assicurare la responsabilità civile contenente una clausola cardine “atipica”, nota con il termine inglese di “claims made”, e dall’altra la cosiddetta prescrizione breve, ex art. 2952, comma 2°, codice civile.
Questa ultima norma prevede, per l’assicurato o contraente, l’obbligo di denuncia del sinistro all’assicuratore entro un termine di due anni ( sino al 27.10.2008 tale termine era addirittura ridotto ad un anno ) dal giorno in cui il terzo abbia richiesto il risarcimento all’assicurato o abbia promosso contro di questo l’azione. E’ quel che prevede il terzo comma dell’art. 2952 del codice civile in materia di responsabilità civile.
Caratteristica fondamentale della polizza con clausola “claims made” o “claim made” è quella di consentire all’assicurato di denunciare il sinistro, di cui abbia avuto conoscenza per la prima volta durante il periodo di vigenza della polizza, in ogni tempo purché entro lo spirare del periodo di copertura della polizza.
Tale convivenza crea non poche difficoltà quando la volontà delle parti di stipulare un contratto governato dal claims made, che quindi consentirebbe la denuncia del sinistro “in ogni tempo purché entro lo spirare del periodo di copertura della polizza”, vada a collidere pericolosamente con l’eventuale spirare del termine breve di prescrizione prima della scadenza della polizza o comunque prima che sia stata inoltrata la denuncia del sinistro in pendenza di polizza.
Nulla quaestio se, nel giudizio, il soggetto che potrebbe fare valere la prescrizione breve ( l’assicuratore ) rinunci all’eccezione.
I problemi sorgono e possono diventare devastanti negli effetti quando invece, al contrario, l’eccezione di prescrizione venga fatta valere tempestivamente.
2. Il significato di claims made
In Italia sono principalmente due le sentenze che offrono una definizione di “claims made “.
Nella sentenza 15.3.2005, n. 5624, la Corte Suprema di Cassazione (sezione 3^ civile ), dovendosi occupare di una polizza professionale (avvocato), entra più volte nel merito della clausola claims made pur analizzandone solo aspetti collegati alla problematica in quel caso trattata dalla Corte, ossia la eventuale vessatorietà di tale clausola e la conseguente inefficacia, ove non specificamente approvata.
Quel che importa ai fini della presente trattazione è che nelle prime righe della parte motiva della sentenza è dato leggere che la Suprema Corte si è occupata di un contratto assicurativo che “vale per le richieste di risarcimento presentate per la prima volta all’assicurata nel corso del periodo di assicurazione “ e che tale contratto di assicurazione…. “rientra nella tradizionale impostazione della responsabilità civile di derivazione anglosassone, improntata sul principio del “claims made”.
In altra sentenza il Tribunale di Crotone, 8.11.2004, offre una definizione di claims made che evidenzia che essa riguarda i reclami avanzati nei confronti dell’assicurato e notificati all’assicuratore per la prima volta durante il periodo di validità della copertura.
Si tratta di un contratto di polizza che, come detto sopra, ha origini anglosassoni e che è stato creato agli inizi degli anni ottanta quando, soprattutto in seguito alle domande di risarcimento per i danni derivati dall’amianto, le società di assicurazione e di riassicurazione (per queste ultime principalmente i Lloyds di Londra) si trovarono in una situazione di grave difficoltà per la imprevedibilità di richieste di risarcimento, per fatti accaduti molti anni prima e mai denunciati prima di allora, che neppure erano mai state messe a riserva.
Di tali danni, purché verificatisi durante il periodo di vigenza della polizza, le compagnie di assicurazione dovevano rispondere, senza nulla potere opporre, in virtù delle pattuizioni contenute nel contratto di polizza sino ad allora in uso, detto “occurrance”, “ losses occurring “ o “ loss occurrance, ossia ad insorgenza del danno, che ricalca lo schema tipico di cui all’art. 1917 c.c..
E dunque il mondo assicurativo rimediò alla crisi inventando un nuovo modello di polizza per la responsabilità civile che, inizialmente, fu utilizzato per le polizze che coprivano la responsabilità professionale ( avvocati, medici, notai, commercialisti, architetti ed ingegneri…. ) e per le polizze R.C. Prodotti, ed in seguito fu esteso a molte altre tipologie di polizze.
Il modello doveva servire in primissimo luogo ad evitare che il rischio, che le compagnie di assicurazione assumevano col contratto di polizza, potesse protrarsi per molti anni dopo la scadenza.
Ed infatti, nella claims made la copertura viene garantita solo per le richieste di risarcimento che sono presentate al Contraente per la prima volta durante il periodo di efficacia dell’assicurazione, escludendo quindi ogni copertura per il periodo successivo alla scadenza della polizza, salvo eventuali deroghe che sono note come “ sunset clause “.
Per l’assicurato sorge, di conseguenza, la necessità di stipulare polizze che coprano l’intero periodo di attività senza soluzione di continuità, pena il rischio di trovarsi privo di copertura assicurativa per un dato periodo.
Per l’assicuratore, invece, vi è la certezza che alla scadenza della polizza non saranno coperti fatti/sinistri che dovessero essere denunciati all’assicuratore dopo la scadenza.
Per questi fatti che l’assicurato non fosse in grado di denunciare entro la scadenza, in quanto a sua volta potrebbe non averne avuto conoscenza in tempo utile, non è attualmente, di norma e salvo costose deroghe, più possibile assicurarsi, dato che la claims made, col passare degli anni è diventata l’unica formula di polizza utilizzata per la responsabilità civile professionale e da difetto del Prodotto.
Per altro verso è necessario dire che una polizza “classica o tipica” ad insorgenza del danno, che in inglese, come detto, è nota come “ losses occurring “ o “ loss occurrance “, dato che copre solo i danni accaduti durante il periodo di vigenza della polizza, non potrebbe mai coprire fatti verificatisi prima della stipula della polizza.
I sostenitori della piena legittimità della claims made non hanno perso l’occasione per evidenziare in questo elemento un bilanciamento degli interessi delle parti.
Nelle polizze r.c. professionali ( professional liability ) il contraente-assicurato ( l’uno non sempre coincide con l’altro ), ad esempio, potrebbe avere interesse a coprire un lasso di tempo che comprenda non solo i fatti-danni che si possano verificare durante il periodo di vigenza della polizza ma anche fatti-danni, non denunciati dal danneggiato, verificatisi in un periodo precedente alla stipula della polizza, un periodo in cui egli non era assicurato o lo era in maniera insufficiente.
Non è d’altro canto infrequente, anzi forse è quasi la regola, che un professionista riceva la denuncia di un danno dopo molti anni dal fatto-contatto che lo avrebbe provocato.
Ecco che la polizza claims made si adatterebbe perfettamente alle suddette esigenze, richiedendo essa solo che il fatto – danno sia denunciato durante la vigenza della polizza.
Con l’entrata in vigore della Direttiva 85/374/CE la polizza “claims made”, in un primo periodo, aveva trovato applicazione agevolata anche nel settore R.C. Prodotti.
Essa rispondeva infatti perfettamente alle esigenze del Produttore che ai sensi dell’art. 125 del Codice del Consumo ( D. lgs 206/2005 ), che aveva recepito la suddetta Direttiva, per il tramite del DPR 224/88 , vedeva prescriversi il diritto al risarcimento dopo tre anni dal giorno in cui il danneggiato aveva avuto o avrebbe dovuto avere conoscenza del danno, del difetto e dell’identità del responsabile.
Ancora più si comprende l’esigenza del Produttore di coprire, col contratto di polizza, un periodo più lungo possibile a ritroso, se si considera che il successivo art. 126 prevede un termine di decadenza di dieci anni dalla messa in circolazione del prodotto.
Le compagnie di assicurazione però, dopo un primo periodo in cui hanno accettato di pagare danni risalenti anche a molti anni prima della stipula, hanno presto trovato il modo per limitare la copertura per il passato, stabilendo che il fatto-danno, per essere indennizzabile, oltre a dovere essere stato denunciato per la prima volta al contraente durante la vigenza della polizza, dovesse anche essere accaduto, ad esempio, entro uno, due,……. cinque anni antecedenti la data di stipula.
Non sempre, anzi quasi mai, tale previsione, sicuramente penalizzante per il contraente, è controbilanciata da un adeguato “ tail coverage” ossia un periodo dopo la scadenza della polizza che la compagnia tollera e durante il quale accetta eventuali denunce di sinistro come se fossero avvenute durante il periodo di vigenza della polizza.
Dato l’evidente sbilanciamento tra i contrapposti interessi, ne è derivato un vasto contenzioso che ha sottoposto ai giudici la valutazione dell’assenza di contrasto del claims made con norme inderogabili.
3. La liceità della clausola per i giudici italiani e all’estero.
In Italia l’arresto più importante è quello della Corte di Cassazione, sez. 3^ civile, sentenza 15 marzo 2005, n. 5624, che ha ritenuto che la claims made sia una clausola atipica, lecita che, a seconda delle circostanze da valutare di volta in volta, può risultare vessatoria e necessitare, per la sua validità, della specifica approvazione ( confermata da Cass., 22 marzo 2013, n. 7273 e da Cass. n. 2872 del 13/2/2015 ).
Nel 2001 la Corte di Appello di Napoli ( 28.2.2001, n. 503 ) aveva ritenuto la nullità e/o vessatorietà della claims made, imitato da Tribunale di Bologna 2.10.2002 n. 3318 che traeva elementi per dichiararne l’illiceità dalla contrarietà alla norma primaria, imperativa e di immediata applicazione contenuto nel primo comma dell’art. 1917 c.c.; inoltre il giudice bolognese traeva altro elemento a supporto della propria tesi dal venir meno del rischio, dell’alea che caratterizza necessariamente il contratto di assicurazione, soprattutto in prossimità della scadenza del contratto.
Nel 2004 invece il Tribunale di Crotone aveva inaugurato la controtendenza. Con sentenza del 8.11.2004 aveva infatti stabilito che : “… la clausola claims made ………riguarda (ndo) i reclami avanzati nei confronti dell’assicurato e notificati all’assicuratore per la prima volta durante il periodo di validità della copertura. La clausola comporta, quindi, una deroga del tutto legittima all’art. 1917, comma 1° c.c., non figurando tale disposizione tra quelle dichiarate non derogabili dall’art. 1932 c.c. “.
Infine, di recente, nel 2010, il giudice meneghino è tornato sulla questione dichiarando che la claims made è contratto tipico, ovviamente, in quanto tale, anche lecito.
In dottrina si sono creati due contrapposti fronti: l’uno sostiene la illiceità per assenza del rischio, forte della previsione dell’art. 1895 c.c. ; l’altro la sua piena liceità ravvisando il rischio come l’elemento insito nel fatto illecito che possa essersi verificato in passato e di cui l’assicurato, in buona fede, non sia a conoscenza ( questa tesi è stata ripresa dalla Cassazione nella menzionata sentenza n. 2872 del 13/2/2015 ).
Una panoramica all’estero, condotta con l’ausilio dello studioso della materia Nicolas Schüngel ( in : „Rechtsfolgen bei Unwirksamkeit des claims-made-Prinzips in der D&O-Versicherung „ ), consente di comprendere il percorso travagliato di una clausola che ha suscitato non pochi problemi, come vedremo, spesso risolti solo con l’intervento del legislatore.
Nel 1990 in Francia e nel 1991 in Spagna la claims fu dichiarata inefficace dalle Supreme Corti di quei Paesi. Dall’inizio del 2000 è stata adottata una legge in Spagna che legittima la claims se vi è un periodo supplementare di almeno un anno. Lo stesso è avvenuto in Francia nel 2003, a condizione però che vi sia una copertura illimitata per il passato ed una copertura supplementare di cinque anni, dieci per le professioni.
In Belgio è consentito ricorrere al claims se si tratta di tipo di r.c. per la quale con decreto sia stato consentito l’uso del claims made, inoltre sono obbligatori tre anni di copertura supplementare. In Svezia, curiosamente, in alcuni settori ( ad esempio il settore agenti di assicurazione per i quali vige obbligo di r.c. ) è obbligatoria la claims made purché con tre anni di copertura supplementare.
I sistemi europei, vedremo a parte la Germania, accettano quindi più o meno tutti una claims che offra un minimo di copertura anche dopo la scadenza.
Come visto in molti Paesi è stato il legislatore a legittimare la clausola claims.
In USA e GB, che possono essere considerate la patria del claims made, la clausola è riconosciuta senza alcuna riserva.
- La liceità della clausola per i giudici tedeschi
In Germania, sino al 2014, l’arresto era costituito da una sentenza del Tribunale – LG di München, 25.09.2008 – 12 O 20461/07, che aveva ritenuto la claims efficace e valida ma la questione era passata alla sezione speciale in diritto assicurativo della Corte d’Appello di Monaco di Baviera ( 25. Zivilsenat OLG München ) che ne aveva invece ritenuto la inefficacia in quanto clausola che consentiva all’assicuratore di limitare fortemente l’alea.
La sentenza dell’OLG München, 8.5.2009 – 25U5136/08, aveva avuto un nutrito seguito di sostenitori in dottrina ma poi non era approdata al vaglio del BGH (Giudice Supremo ) in quanto la questione non aveva superato lo scoglio dell’ammissibilità ed anche il reclamo non aveva avuto miglior sorte.
La sentenza della Corte Suprema di Karlsruhe è arrivata indirettamente quando la Corte si è trovata a dovere decidere la liceità di una clausola che, pur non essendo definita espressamente claims made, prevedeva comunque che il fatto-danno dovesse essere denunciato nel periodo di vigenza del contratto assicurativo. Fattispecie quindi del tutto assimilabile ad una clausola claims made.
Con decisione del 26.3.2014 ( IV ZR 422/12 VersR 2014, 625 ) i Giudici Supremi Tedeschi della quarta sezione hanno ritenuto che la clausola oggetto di verifica rientrasse nella piena autonomia negoziale delle parti e che non potesse essere soggetta ad alcuna censura sia con riferimento alla necessaria consistenza dell’alea (controllo sul contenuto – Inhaltskontrolle ) che con riferimento alla salvaguardia di trasparenza del contratto ( Transparenzkontrolle ).
Crolla in questo modo il paletto principale che era stato creato con la decisione del BGH di München : necessità di applicare, per la efficacia della claims made, il principio di compensazione ad esempio mediante la concessione di un lungo periodo di vigenza della copertura dopo la scadenza del contratto, la possibilità di comunicare “ notice of circumstances” o la copertura di un periodo sufficientemente lungo anteriormente alla stipula del contratto.
4. La prescrizione breve e le conseguenze della sua applicazione. Rimedi attuabili.
Stabilito che la clausola claims made risulta ormai essere lecita ed efficace, rimane da valutare il rischio di una sua applicazione in Italia quando, durante la sua vigenza, subentri la prescrizione breve di cui all’art. 2952, 3° comma, codice civile, senza che il contraente assicurato abbia provveduto ad interromperla.
Ciò potrebbe accadere in primo luogo in quanto l’assicurato, con buona ragione, potrebbe ritenere di avere tempo sino allo spirare della polizza per comunicare la denuncia all’assicuratore, ignorando l’incombere della prescrizione breve per mera ignoranza (le compagnie di assicurazione si guardano bene dal richiamare espressamente la norma sulla prescrizione breve nei contratti di polizza) oppure potrebbe accadere per negligenza dell’assicurato, o per volontà di non soccorrere il denunciante ove l’assicurato disconosca la propria responsabilità nella causazione del danno o, nella peggiore delle ipotesi, per dolo . Si pensi al caso dell’assicurato che, non avendo nulla da perdere, si accorda con l’assicuratore per evitare la denuncia in cambio di favori.
Quando il danneggiato sia straniero appare logico ritenere che la prescrizione breve non sia istituto che possa e debba essere noto ad esempio all’operatore commerciale di media diligenza.
L’operatore commerciale estero confida nel fatto di acquistare un prodotto coperto da polizza assicurativa per il rischio di difettosità, non sapendo di dipendere dall’adempimento del contraente/assicurato ad un obbligo di denuncia che, per l’art. 2952, deve essere tempestivo, oltre che, come termine di prescrizione, inusualmente breve per qualsiasi sistema giuridico.
E’ dunque di fondamentale importanza la conoscenza del termine di prescrizione breve applicabile in Italia ai casi di risarcimento del danno da responsabilità civile e la sua denuncia anche sostituendosi al contraente assicurato come è ormai possibile fare per consolidata giurisprudenza : “In tema di assicurazione, l’art. 2952, quarto comma, cod. civ., regolando in ogni suo aspetto il rapporto tra assicurato e assicuratore, stabilisce, quale regime speciale, la sospensione del termine di prescrizione sino alla definitiva liquidità ed esigibilità del credito del terzo danneggiato, con decorrenza non già dalla denuncia del sinistro, ma dalla comunicazione all’assicuratore della richiesta di risarcimento proposta dal danneggiato, che è efficace anche se proveniente dallo stesso danneggiato o da un terzo (Cassazione civile sez. III 26 febbraio 2014 n. 4548).
Va da se che l’operatore straniero danneggiato dovrà avere acquisito gli estremi della polizza assicurativa o meglio ancora la polizza stessa prima ancora di concludere il rapporto ad esempio commerciale dal quale poi sarà conseguito il danno.
Solo così potrà evitare le conseguenze di ogni forma di ostruzionismo eventualmente praticata dal danneggiante (conduttore/assicurato) nella denuncia tempestiva del danno, rammentando però che l’azione diretta verso l’assicuratore spetta solo in ben precisi casi previsti dalla legge ( ad esempio risarcimento da sinistro stradale ).
Avv. Arturo Gioffredi
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